Effetto di O'Connell

Da Sezione Stelle Variabili - Unione Astrofili Italiani.

Curva di luce della binaria ad eclisse CN And ripresa da Van Hamme nel 2001 in banda V. Si distingue nettamente la diversa altezza dei due massimi

Il primo riguarda le asimmetrie che si possono presentare sui massimi delle curve di luce. Le fasi di massimo della curva di luce indicano che in quell'istante le componenti del sistema binario in analisi sono appaiate rispetto alla nostra linea di vista. Da un punto di vista strettamente logico che siano appaiate con la componente primaria a destra e la secondaria a sinistra, o appaiate nel verso opposto non dovrebbe cambiare nulla, quindi ci si aspetterebbe che nella fase dei due massimi (il primo che si presenta dopo il minimo primario e il secondo che si presenta dopo il minimo secondario) la curva di luce abbia la stessa altezza indice del fatto che si raggiungono due intensità luminose identiche. Questo non è vero PER QUASI TUTTI i sistemi binari, infatti sono pochissimi i sistemi che non presentano questo effetto. Ovviamente su scale diverse, ma anche in lievissima parte, l'intesità lumonosa dei due massimi non è mai uguale. Un esempio è dato dall'immagine qui a lato raffigurante la stella CN And in cui questo effetto è particolarmente rilevante. Le cause fisiche che intervengono e provocano questi dislivelli, sono difficili da isolare. Studi fatti nel 1951 da O'Connell o anche i più recenti di Milone nel 1984 hanno cercato di spiegare questo effetto legando il dislivello di luminosità alla forma dell'orbita e alla forma delle componenti in analisi. Nonostante alcuni campioni presi in esame rispondessero in modo positivo al modello proposto, altre stelle che dal modello risultavano non essere affette dall'effetto di O'Connell invece lo presentavano. Questo punto fece sviluppare ulteriormente le ipotesi, fino a giungere ad un buona conclusione che è la seguente:

L'effetto di O'Connell è dovuto a parecche cause, la prima legata alla forma dell'orbita e delle componenti , la seconda invece alla presenza di ampie superfici di SUPERLUMINOSITA'. Il modello delle zone superluminose (o supercalde), chiamate anche HOT SPOT, viene presentato in un lavoro molto semplice ma geniale dai due astrofisici cinesi Qing-Yao Liu e Yu-Lan Yang, comparso su Chin.J Astronomy and Anstrophysics vol3 del 2003 N. 2, nelle pagine 142-150.
Questa bellissima rappresnetazione artistica di David A. Hardy fa capire come i sistemi stretti, date le forti sollecitazioni a cui sono sottoposti, sono parecchio instabili! Quindi gli strati più esterni come si vede in figura possono liberarsi dalle componenti e dare vita a scambi di massa, oppure rimanere in sospensione sotto forma di alone

Il modello come detto in precedenza è molto semplice. Considerano le binarie strette come sistemi molto instabili. Fancendo questa ipotesi (del tutto lecita) viene subito da pensare che durante l'evoluzione del sistema un pochettino di gas degli stati più superficiali delle due componenti, oltrepassi di pochissimo il lobo di roche e quindi è ovvio pensare che questi sitemi molto perturbati siano sempre accompagnati da un alone. Le stelle ruotano all'interno di questo "alone" catturando materia. Supponendo che tutta la cattura di materia (quindi tutta l'enegia cinetica delle molecole di gas prese) venga tutta riconvertita in energia termica e quindi luminosa è facilissimo fare una stima della variazione di magnitudine bolometrica !!! Quindi se rispetto ad un nostro sistema di riferimento fissato le componenti ruotano in senso orario, avranno il mezzo emisfero che fa da fronte mediamente più luminoso dell'altro emisfero. Quindi si speiga molto banalmente le differenze di luce tra i due massimi. Con semplici conti è facile determinare anche la densità del disco di materia che circonda il sistema doppio. Tutti i conti sono fatti in dettaglio QUI.

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